Giugno 2009

Dentro la crisi

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I limiti del Fondo
Monetario Internazionale

Michael Spence Premio Nobel per l’Economia
 
 

Crescita zero.
Consumatori
e aziende avranno bisogno di più tempo per saldare i propri debiti. Tutto questo ha depresso vendite, profitti, qualità del credito e il valore degli asset.

 

 

 

 

 

 

 

Non si intravedono scadenze immediate. Siamo di fronte a una recessione globale insolitamente grave e prolungata, destinata a protrarsi per l’intero 2010. E persino questa prospettiva piuttosto scoraggiante presuppone un intervento statale aggressivo, rapido e ben coordinato nei sistemi finanziari e nell’economia reale.
È una recessione che potrebbe registrare ulteriori peggioramenti, perché coinvolge le economie globali: esportazioni, produzione e consumi sono in velocissimo calo. I venti contrari soffiano possenti, perché eccessivi sono stati il ricorso al leverage, il danno subìto dai bilanci e la conseguente stretta creditizia, inizialmente nei Paesi industrializzati, ma oggi in tutto il pianeta. Finanza, industria automobilistica, mercato immobiliare e vendite al consumo sono tutti drammaticamente in crisi, e si lasciano alle spalle una scia di disoccupazione.
I maggiori Paesi, come l’India e la Cina, stanno lottando per mantenere la crescita su percentuali (intorno al 7 per cento) che rappresentano già un notevole rallentamento rispetto a tassi a doppia cifra. Tutto il mondo in via di sviluppo (tranne Pechino, con le sue immense riserve) ha patito per la forte e improvvisa stretta creditizia nell’autunno 2008, innescata dal ritiro dei capitali e dalla riduzione degli afflussi. Gli importanti deflussi sono stati determinanti della svalutazione pressoché universale e velocissima delle valute dei Paesi emergenti, dalla fine dell’estate dello scorso anno.
Sotto molti punti di vista, i Paesi emergenti sono vittime innocenti di questa crisi finanziaria ed economica. Il Fondo monetario internazionale, malgrado lo stanziamento di 250 miliardi di dollari (e la promessa di altri 100 miliardi dal Giappone), non possiede risorse adeguate e accesso alle riserve per rovesciare il deflusso di capitali, e per finanziare in modo adeguato anche i Paesi dell’Europa orientale.
Si stima che la crescita globale sarà equivalente a zero, o peggio, e che le economie di tutti i Paesi industrializzati subiranno una contrazione nel corso di quest’anno. Il prezzo dei titoli e degli immobili continuerà a scendere, e occorrerà più tempo ai consumatori e anche alle aziende per saldare i propri debiti. Tutto questo ha depresso vendite, profitti, qualità del credito e infine, per chiudere il cerchio, il valore degli asset.

Anche l’Italia avrà una crescita negativa, ma non ai livelli di altri Paesi, come gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, la Spagna e la Germania. Nel loro complesso, le famiglie italiane sono meno esposte al leverage (per i mutui immobiliari e per i prestiti al consumo), e i fondi pensione sono meno indirizzati verso strutture contributive ben definite. Di conseguenza, le forti perdite nei bilanci che sono state registrate negli Stati Uniti, nella Gran Bretagna e nella Spagna non hanno inciso in modo significativo in Italia. Meno drammatico appare, proprio per queste ragioni, l’effetto negativo sui consumi. D’altra parte, nella bilancia commerciale italiana le esportazioni rappresentano il 24 per cento del Prodotto interno lordo. La domanda aggregata globale è in calo e le esportazioni si riducono ancor più velocemente. Le principali destinazioni delle esportazioni italiane sono, per ordine di grandezza, Germania, Francia, Spagna, Stati Uniti e Gran Bretagna: vale a dire, l’albo d’onore delle economie in crisi!
La crescita nel 2009 sarà negativa per tutti questi Paesi. Nel sistema finanziario italiano si riscontrano inoltre sofferenze legate al leverage, agli asset tossici e all’esposizione in Europa dell’Est, che dovranno essere affrontate per sostenere il flusso del credito.
I governi e le Banche centrali sono diventati giocatori preziosi: difatti, sono proprio costoro le principali fonti di credito, liquidità e domanda incrementale, mentre il capitale privato e i fondi sovrani, a causa delle perdite, sono stati marginalizzati.
Se i governi dei Paesi avanzati e dei principali Paesi emergenti sapranno agire celermente, comunicare efficacemente le loro intenzioni (evitando in questo modo di aggravare il rischio), e intervenire sul piano internazionale in maniera coordinata sia nell’economia reale (con i pacchetti di stimolo) sia nel settore finanziario, con ogni probabilità dovremo aspettarci una recessione globale particolarmente insistente, che si prolungherà a tutto il 2010. Tutte queste misure non sono state ancora intraprese nella loro interezza e con portata sufficiente. Solo varandole tempestivamente si potrà interrompere e rovesciare l’attuale corsa verso il basso.

   
   
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