Giugno 2009

combattuto dal passatismo della “ronda”

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Il Futurismo “annunciato”

Tonino Caputo
Leandro Vernieri

 

Coll.: Manlio Ercolani
Gennaro Venturi
 
 

Filippo Tommaso Marinetti aveva già pronto
il lancio del
proclama futurista in Italia da oltre un mese, quando si verificò il terribile terremoto
di Messina.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Cent’anni fa, il Futurismo. Ma annunciato esattamente quando? E dove? Gli specialisti, in realtà, possono rispondere agevolmente a queste domande. E del resto Sebastiano Grasso lo ha ribadito di recente, ricordando che con ogni probabilità sarebbe il caso di aggiornare sia i manuali d’arte che quelli di letteratura. Perché il Manifesto che annunciava la nascita del grande movimento culturale, dal quale ebbero origine in seguito tutti gli altri “ismi” dell’affollatissimo “secolo breve”, venne pubblicato a Parigi, in apertura della prima pagina del Figaro, il 20 febbraio 1909; ma in realtà era apparso con quindici giorni d’anticipo, sempre in prima pagina, ma come spalla, cioè sulla destra, e sempre ad una colonna, sulla Gazzetta dell’Emilia, giornale pubblicato a Bologna. Era esattamente il 5 febbraio dello stesso anno.
La capitale francese rappresentava senza alcun dubbio un proscenio internazionale di gran lunga più importante, e più visibile, del capoluogo emiliano. Ma è bene ristabilire la verità, e rendere all’Italia quel che al Belpaese a pieno titolo appartiene. Mettendo in rilievo le vicende che in qualche modo condizionarono l’eco della vicenda nella stessa Penisola.
Vicenda (tutta italiana) che è stata fedelmente ricostruita da Nico Stringa, il quale riferisce che Filippo Tommaso Marinetti aveva già pronto il lancio del proclama futurista in Italia da oltre un mese, quando si verificò il terribile terremoto di Messina (era il 28 dicembre del 1908). Fu questa immane tragedia a bloccare la distribuzione delle migliaia di copie, redatte in italiano e in francese, destinate ai giornali e agli intellettuali dell’intera Europa. Per decine e decine di giorni, ricorda Grasso, i quotidiani dedicarono il maggior numero di pagine alla sciagura siciliana e alle violente polemiche che seguirono.
Marinetti, dunque, si rese conto che, diffuso in quella circostanza, il Manifesto futurista non avrebbe potuto avere alcuna eco. Di conseguenza, decise di rinviare tutto a tempi migliori.

“Futurismo” del 1932 con in copertina il ritratto prampoliniano di Marinetti. - Archivio BPP

“Futurismo” del 1932 con in copertina il ritratto prampoliniano di Marinetti. - Archivio BPP


E quei tempi ritenne che fossero giunti intorno alla fine del mese di gennaio dell’anno seguente, il 1909, appunto. Allora spedì il proclama futurista in centinaia di copie, come “lettera raccomandata”. E la Gazzetta dell’Emilia lo pubblicò per prima, facendolo precedere da una nota: «Il Futurismo lo ha inventato Marinetti, il più “dinamico” dei poeti d’Italia. La rivista Poesia ci manda il proclama focosissimo con cui il nuovo partito letterario scende a combattere. Vedremo se alle premesse seguiranno le idee, i libri e i fatti».
Seguirono altri giornali. Tuttavia, ad eccezione della Gazzetta di Mantova, tutte le altre pubblicazioni (il Caffaro di Genova, Il Pungolo di Napoli, la Gazzetta di Venezia, la Perseveranza di Milano, il Piccolo della sera di Trieste, la Stampa di Torino) si limitarono a riferire soltanto una sintetica notizia, senza risparmiare, magari, commenti ironici (alcuni anche afosi), parodie, vere e proprie stroncature. Neanche una parola sul Corriere della Sera. E secondo alcuni la decisione della censura totale andava attribuita a Ugo Ojetti, «conservatore e tradizionalista».
Commenta Grasso: «Bologna guarda sì al passato, ma è capace di recepire le ventate di modernità che arrivano dall’Europa su tutti i campi» (tanto per fare un esempio, proprio nel 1909 Guglielmo Marconi vinse il Premio Nobel per la Fisica). E prosegue: «Anche se una decina di anni dopo verrà accusata da Marinetti di “lue passatista”, la città ha un atteggiamento di simpatia per questo matto ed i suoi amici che volevano rivoluzionare il mondo».

Enrico Prampolini, “The Dynamic of Action”, Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna. - Archivio BPP

Enrico Prampolini, “The Dynamic of Action”, Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna. - Archivio BPP

Facciamo ricorso alla cronaca dell’epoca, citando un episodio verificatosi qualche anno più tardi. Scriveva Filippo Tommaso Marinetti: «Con Boccioni, Russolo, Carrà, Pratella e Settimelli invado l’università di Bologna nella quale, occupata militarmente da noi, svolgiamo per quattro giorni dei corsi di Futurismo liberatore». Siamo al 19 gennaio 1914. Al Teatro del Corso si svolgeva la prima serata futurista, che culminava con fischi e con lancio di ortaggi, ma anche con molti applausi. La giornata si concludeva al Caffè San Pietro, anche qui con tafferugli: lampadari rotti, tavoli rovesciati, stoviglie frantumate, schiaffi e pugni. Marinetti si offrì di pagare i danni, ma il direttore del San Pietro rifiutò con decisione, sostenendo che i futuristi erano stati provocati, e di conseguenza erano stati costretti a difendersi «giustamente e legittimamente».
Il 20 marzo successivo, la prima “leggendaria” mostra futurista. Una mostra che in realtà di futurista aveva poco o nulla. Vi prendevano parte Mario Bacchelli, Giacomo Vespignani, e i “tre tortellini”: Morandi, Licini e Severo Pozzati. Tutt’altro che pittori futuristi, dunque. Ma in quel momento non era il caso di cavillare. Era sufficiente aderire. Non importava se le opere avevano «poco a che fare con l’assunto».

Enrico Prampolini, “Ritratto di Marinetti”, 1924-1925. Torino, Galleria d’Arte Moderna. - Archivio BPP

Enrico Prampolini, “Ritratto di Marinetti”, 1924-1925. Torino, Galleria d’Arte Moderna. - Archivio BPP

Anche se la Gazzetta dell’Emilia aveva pubblicato per prima il Manifesto con il suo programma “incendiario”, perché questo avesse un clamoroso effetto si dovette andare altrove, a quel crocevia della cultura europea che era allora la capitale francese, Parigi. E anche qui ci fu un retroscena che vale la pena di raccontare.
Marinetti era nato ad Alessandria d’Egitto, e fra gli amici di famiglia (il padre era un avvocato di grido) c’era anche il ministro Mohamed el Rachi Pasha, il quale, una volta andato in pensione, si era trasferito proprio a Parigi, dov’era diventato – fra l’altro – azionista del Figaro.
Filippo Tommaso, allora trentatreenne, che aveva vissuto per parecchio tempo nella capitale transalpina, dove aveva pubblicato alcuni libri in lingua francese (I vecchi marinai, del 1897; La conquista delle stelle, del 1902; Re Baldoria, del 1905), si accompagnava nella gaudente Parigi notturna con la figlia del Pasha, Rose Fatine, una ventenne piuttosto grassottella. La strategia romantica di Marinetti consistette nel passare dalla corte alla fanciulla alla richiesta di pubblicazione sul giornale del Manifesto futurista.
A nulla valsero la resistenza, dapprima, e le scuse dilatorie in seguito, del direttore del giornale, che alla fine fu costretto a cedere. In questo modo, «anche se con qualche distinguo», il testo comparve finalmente in apertura della prima pagina del giornale.
Grasso annota pallidamente che «anche la seduzione fa parte della filosofia del Futurismo (la velocità è un “afrodisiaco”)». E ricorda che nel 1916, di ritorno dal fronte di guerra, Marinetti aveva scritto Come si seducono le donne, ristampato in Italia nel 2003 e – in anastatica – nel 2007.
Si può sedurre in automobile, in un fienile, anche su un treno. Tant’è che proprio sulle rotaie Marinetti aveva avuto e continuava ad avere parecchie avventure, «al ritmo furibondo della locomotiva». Condizioni indispensabili: «Controllore sagace + treno velocissimo + notte d’agosto + assenza di viaggiatori nello scompartimento x seduttore = bellissima bolognese mangiata e bevuta». (Solo che questa volta la bolognese divorata e sorseggiata nulla aveva avuto a che fare con la pubblicazione di un proclama sulla prima pagina di un giornale).

Photocollage di
Marinetti ritratto da F.C. Coletti, s.d. - Archivio BPP

Photocollage di Marinetti ritratto da F.C. Coletti, s.d. - Archivio BPP

Nessun campo dello scibile fu trascurato dal Futurismo, che snodò il suo percorso anche nel campo della musica, dal manifesto di Pratella all’aeromusica di Giuntini; in quello dello spettacolo, dal Teatro della Pantomima Futurista in cui fu coinvolto anche Pirandello, al Teatro della Sorpresa, con «discussioni improvvisate di strumenti musicali»; oltre che, ovviamente, in quello della letteratura e dell’arte, dalle parole “inlibertà” o “musicali” di Marinetti alla Ricostruzione futurista dell’universo di Balla e Depero…
In pieno revival futurista, oggi viene ricordata l’esperienza (“passatista”, appunto) della Ronda, rivista messa su da un gruppo di scrittori e di poeti che novant’anni fa, nell’aprile del 1919, si opposero fieramente ai colleghi futuristi e alle avanguardie. Non erano nomi di poco conto, visto che si trattava di Vincenzo Cardarelli, di Riccardo Bacchelli e di Emilio Cecchi. Nonostante il nome bellicoso della testata, la Ronda fu tutt’altro che una pubblicazione di battaglia. In pieno biennio rosso e con la marcia su Roma alle porte, predicava l’indipendenza dalla politica e il ritorno ai classici e alla “prosa d’arte”.
Con i loro esercizi di stile, dunque, i rondisti non impensierivano nessuno, soprattutto i potenti dell’epoca. Allora si comprende bene perché fossero oggetto del sarcasmo di Piero Gobetti, giovane e combattivo direttore di Energie Nove, al quale replicò con inusitata durezza Cardarelli, che definì l’avversario «un saccente saputello» e i suoi interventi «raspature da stercoraro».
Gobetti, com’è noto, morì (massacrato) sei anni più tardi. Tra il 1922 e il 1923 la Ronda si sciolse. Alcuni dei suoi collaboratori divennero aedi del regime mussoliniano, altri ci lasciarono romanzi robusti, come Il Mulino del Po, oppure versi gradevoli, come quelli di Cardarelli, poeta che tuttavia – in virtù dell’eterna rissosità, o nella migliore delle ipotesi dell’umorismo distruttivo tipico della gente italica – Ennio Flaiano beffardamente definì «il più grande poeta morente»!

   
   
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