Settembre 2009

l’europa utile

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Ingrati o disinformati?

Mario Pinzauti

 

 
 

Dilemma.
Se da diversi anni gli europei
condannano
l’Europa con un no o il disinteresse, essi sono affetti
da un’epidemica ingratitudine
o sono spesso,
se non sempre,
disinformati.

 

 

 

 

 

 

 

Per tentare di capire e di far capire a chi ci legge quale sia la risposta giusta alla domanda che fa da titolo a questo nostro intervento sull’Europa utile, l’Europa impegnata per migliorare le condizioni di vita dei suoi cittadini, partiamo dal confronto tra due date e alcuni importanti avvenimenti che in esse si collocano.
Le date sono il 7 e l’11 giugno di quest’anno. La prima è il momento finale della consultazione elettorale cui, nei 27 Paesi dell’Unione, sono stati chiamati a partecipare 375 milioni di uomini e donne con diritto di voto in rappresentanza dei circa 500 milioni di persone che popolano l’Europa comunitaria.

Europee, vince l’astensionismo

Affluenza elezioni 2009                           42,94%
Affluenza elezioni 2004                           45,47%
Affluenza elezioni 1999                           49,51%
Affluenza elezioni 1994                           56,67%
Affluenza elezioni 1989                           58,41%
Affluenza elezioni 1984                           58,98%
Affluenza elezioni 1979                           61,99%

L’affluenza alle elezioni europee del 2009 in tutti i Paesi dell’Unione è stata del 42,94%, il minimo storico anche rispetto al 44,4% della media dei votanti calcolata tra il 2004 e il 2007 (quando hanno votato Romania e Bulgaria).


La seconda è la sede di una notizia che ancora una volta esalta la quantità e il significato dei vantaggi che gli uomini e le donne dei 27 Paesi dell’Unione ottengono dalla loro appartenenza all’Europa comunitaria. È dunque una conferma dell’utilità dell’Europa per i suoi cittadini. Una conferma che però assume un particolare e curioso significato. Arriva infatti quattro giorni dopo che buona parte dei cittadini ha dimostrato, con il suo voto, di apprezzare assai poco il lavoro che l’Europa ha fatto e continua a fare a loro favore.
All’elezione per i 736 deputati del Parlamento europeo ha partecipato meno della metà, esattamente il 43 per cento, dei 375 milioni di cittadini aventi diritto al voto, sia pure con percentuali superiori in alcuni Paesi (in Italia, ad esempio, il numero di coloro che si sono recati alle urne è stato di circa il 67 per cento). Non solo. Una quota non indifferente dello scarso numero di votanti ha eletto e mandato a rappresentarla al Parlamento di Strasburgo forze e uomini che si dichiarano euroscettici o addirittura antieuropeisti.
Queste forze e questi uomini da cui sarebbe utopistico attendersi contributi costruttivi al processo d’integrazione europea assommano a circa un quarto dei componenti della nuova assemblea dei deputati dell’Unione. Sono una minoranza, ma una minoranza consistente in grado di esercitare un non irrilevante ruolo negativo nel lavoro dell’assemblea parlamentare.

È inevitabile dunque dire che il comportamento elettorale dei cittadini europei è oscillato tra la sfiducia e il disinteresse; ma anche che questo è avvenuto senza che si siano interrotte, o sensibilmente ridotte di peso, le prove dei vantaggi che l’Europa offre agli europei. L’ultima di queste, per una singolare coincidenza, è andata in scena, cioè è stata resa di pubblico dominio, quattro giorni dopo che i cittadini hanno emesso con il voto una sentenza che, per molti aspetti, sembra di condanna.

Dublino:
O’Connel Street, con lo “Spire”, il monumento alla luce, totem futurista del terzo millennio. - Carlo Stasi

Dublino: O’Connel Street, con lo “Spire”, il monumento alla luce, totem futurista del terzo millennio. - Carlo Stasi


L’11 giugno, infatti, la Commissione europea e l’Agenzia europea per l’Ambiente hanno presentato la relazione annuale sulla qualità delle acque registrata nel 2008 nell’Unione. Da essa risulta che il 96% delle acque che bagnano le coste dei 27 Paesi dell’Europa comunitaria e il 92% delle cosiddette acque interne, cioè quelle dei fiumi e dei laghi, sono balneabili. Questa notizia – che, diffusa pochi giorni prima dell’inizio dell’estate, è stata una promessa di vacanze serene e piacevoli per decine e decine di milioni di europei – è stata il risultato di controlli e interventi avvenuti in applicazione di una Direttiva della Commissione europea in 20.400 zone di balneazione dell’Unione (due terzi delle quali situate lungo le coste marine e un terzo lungo le coste interne).
Questi controlli sono in atto dal 1990, data di entrata in vigore della Direttiva. Da allora, da 19 anni, ogni relazione della Commissione europea e dell’AEA ha annunciato un crescendo di successi. Nel 1990, all’inizio dei controlli e degli interventi disposti dalla Direttiva, furono dichiarate balneabili l’80% delle acque costiere e il 52% di quelle interne. Nel 2008, come si è visto, si è arrivati rispettivamente al 96% e al 92%. Chissà se una parte almeno degli elettori che tra il 4 e il 7 giugno hanno di fatto punito l’Europa con l’astensione o il sostegno alle forze antieuropeiste ha posato gli occhi e l’attenzione su questi dati e ne ha fatto l’oggetto di una riflessione da cui, in qualche caso, prima o poi possa anche uscire un tardivo pentimento.

Ma c’è una possibilità, anche minima, che questo possa avvenire? Per azzardarsi a fare in merito previsioni che siano legate ai fatti e non solo alle speranze bisognerà attendere prossime verifiche – anche solo nella forma dei sondaggi organizzati periodicamente dall’Eurobarometro – sullo stato dei rapporti tra l’Europa comunitaria e il suo quasi mezzo miliardo di cittadini. In attesa che tali opportunità si presentino sarà tuttavia realistico andar cauti con le illusioni.
Questo perché già prima dell’ultimo test elettorale non sono mancate più volte negli ultimi cinque anni le occasioni per accertare il grado del rapporto di fiducia – o di sfiducia – esistente tra l’Unione e i suoi cittadini: ad esempio, le elezioni per il Parlamento europeo di cinque anni fa, con percentuali di votanti, pure allora, traumatizzanti, anche i referendum olandese e francese sul progetto di Costituzione e, più recentemente, quello irlandese sul Trattato di Lisbona. In tutti questi casi il responso è stato chiaramente negativo. Da esso è emerso un rifiuto d’Europa da parte di un numero consistente di cittadini, nonostante che esso sia stato preceduto, seguito o accompagnato da imprese importanti dell’Europa utile. Imprese che avrebbero dovuto rendere scontato un ampio e convinto consenso. Che invece è mancato. Perché?

Eccoci di nuovo, con questa domanda, di fronte al dilemma che fa da titolo a questo nostro articolo. Se da diversi anni gli europei, quando sono chiamati ad esprimersi con un voto, o partecipando a un sondaggio, condannano l’Europa con un no o il disinteresse nonostante la quantità e l’importanza dei benefici che dall’Europa ricevono, essi sono – senza ombra di dubbio – o affetti da un’epidemica ingratitudine o sono spesso se non sempre messi nelle condizioni di non capire e quindi di non prendere decisioni obiettive a causa di una diffusa disinformazione su quanto da parte delle istituzioni dell’Unione si fa a loro vantaggio. E che è molto, moltissimo.
Come – prima di tentare di pronunciarsi sul dilemma – crediamo sia opportuno, anzi necessario mettere bene in evidenza. Non riportando per esteso il lunghissimo elenco, iniziato circa sessant’anni fa, agli albori del processo d’integrazione, delle benemerenze che l’Europa ha acquisito in materia di iniziative utili, talvolta preziose a favore dei suoi cittadini. Un tale elenco richiederebbe uno spazio di cui non disponiamo e sarebbe in parte ripetitivo, dato che nei nostri precedenti articoli scritti per Apulia ne abbiamo citato e illustrato i casi di maggiore spessore e significato.

Preferiamo tentare di focalizzare la vostra attenzione soffermandoci su un campione monotematico, quello riguardante quanto si fa e si progetta, da parte dell’Europa, a tutela della salute e, più in generale, del benessere fisico dei cittadini. Lo facciamo perché questo campione ci sembra di particolare e straordinaria suggestione, dato che mette davanti agli occhi iniziative europee che ancor più di altre dovrebbero interessare e coinvolgere gli europei e quindi, forse, anche influire sulle espressioni – almeno future! – del loro rapporto di fiducia o di sfiducia nei confronti delle istituzioni dell’Unione.
In questo campione merita la posizione di apertura, se non altro perché è recentissima, la notizia già prima da noi accennata sugli straordinari progressi ottenuti, grazie all’applicazione di una Direttiva europea, con le iniziative per rendere balneabili gran parte delle acque marine e interne (fiumi e laghi) dei 27 Paesi dell’Unione. È una notizia che evidenzia l’impegno dell’Unione per la difesa della salute e, più in generale, del benessere fisico del cittadino, assicurando a quest’ultimo, quando necessario, anche la tutela contro ogni inconveniente che possa essere causato dalla natura o da attività umane.
Ma non è, nel suo genere, un caso isolato. Anche limitandoci – per le solite ragioni di spazio – a passare velocemente in rassegna i fatti degli ultimi mesi troviamo molte altre iniziative europee che vanno nella stessa direzione. Vediamone alcune. RAPEX, un programma che nel suo sottotitolo promette “Keeping european consumers safety”, cioè di salvaguardare la sicureza dei consumatori europei, ha appena festeggiato il suo quinto compleanno (ha iniziato la sua attività nel 2004) esibendo numeri che, da soli, sono una dichiarazione di grande successo. Tramite la collaborazione tra le dogane dei 27 Paesi dell’Unione e con altre forme d’indagine in questi cinque anni ha identificato e classificato come pericolosi per la salute, talvolta l’incolumità, dei consumatori migliaia di prodotti non alimentari provenienti da varie parti del mondo e ha messo in moto i meccanismi legislativi per bandirne il commercio.
Il maggior numero di questi prodotti (nel 2008 1.866, cinque volte di più dei 388 scoperti nel 2004) era costituito da giocattoli, quindi erano pericolosi, in taluni casi molto pericolosi (un certo numero tra di essi potevano provocare gravi lesioni o ustioni), per i bambini dell’Unione. Il programma – che ogni settimana diffonde un rapporto sui risultati della sua attività – si è rivelato dunque un efficace sistema di allarme, che i governi dei 27 Paesi dell’Europa comunitaria utilizzano per intervenire sui governi dei Paesi da cui provengono i prodotti pericolosi (il primo è la Cina, da cui arriva il 59 per cento di queste merci, ma nell’elenco compaiono anche la Germania, l’Inghilterra, la Grecia, la Spagna) per richiamarli all’esigenza di impedire in partenza queste forme di commercio dannose per la salute dei consumatori.

Un’immagine surreale del centro di Siviglia, dopo un acquazzone - Giovanni Coluccia

Un’immagine surreale del centro di Siviglia, dopo un acquazzone - Giovanni Coluccia

E intanto – eccoci ad altre prodezze dell’Europa utile – le istituzioni dell’Unione scendono in campo anche per difendere salute e vita stessa dei cittadini da altri generi di pericoli. Ad esempio, quello costituito dai farmaci contraffatti o venduti con etichette che non specificano chiaramente le sostanze contenute o le patologie per cui il prodotto medicinale è indicato. Per dare un’idea della dimensione sociale del problema si tenga conto del fatto che i farmaci contraffatti o impropriamente usati sono ogni anno causa di morte di 200.000 persone nell’Unione europea.
Con la collaborazione dei governi dei singoli Paesi dell’Europa comunitaria e di un certo numero di aziende farmaceutiche le istituzioni dell’Unione sono da diversi mesi al lavoro per ottenere l’eliminazione di questi micidiali inconvenienti, puntando tra l’altro sulla chiarezza e la correttezza – sia commerciale che sanitaria – delle etichette.

Etichette chiare e oneste, risultato di controlli e indirizzi, gli uni e gli altri guidati dall’impegno europeo a tutelare la qualità di quello che si acquista e assieme anche la salute del consumatore, sono diventate anche le più visibili garanzie date dall’Unione ai prodotti che più frequentemente i cittadini usano e possono essere tendenzialmente più pericolosi. Parliamo dei prodotti alimentari. Sono ormai tremila le etichette da cui il consumatore apprende la provenienza di quello che acquista per la sua alimentazione, le sostanze di cui è composto il prodotto, il suo contenuto di grassi, la rispondenza a criteri che garantiscono la qualità e i sapori promessi dalla confezione. E già si pensa di andare oltre. Si pensano, anzi già si progettano, altre etichette che rendano, si può dire, il prodotto un protettore del consumatore, arrivando a consigliarlo su come usarlo per tutelare al meglio la propria salute. In queste etichette si indicherà infatti con tutta la chiarezza necessaria se nelle confezioni alimentari offerte alla tentazione del consumatore negli scaffali dei negozi e supermercati ci sono sostanze che possono provocare allergie, qualità e quantità di grassi, zuccheri, sale che possono essere cause d’ingrassamento e anche – quasi che si trattasse di medicinali! – le dosi quotidiane del prodotto che si raccomanda di non superare per ottenere dal consumo i massimi vantaggi per la salute. E per gli stessi fini da parte delle istituzioni europee si sta per dare il via a un logo che garantirà l’originalità dei prodotti biologici.

Recentemente in uno “speciale” della rivista americana Time si consigliava il presidente Barack Obama di ispirarsi all’Europa per realizzare il suo progetto di riforma del sistema sanitario. In effetti, anche se l’attuale macchina delle cure e dell’assistenza ai cittadini statunitensi con problemi di salute non è l’inferno in terra descritto nell’apocalittico film di Michael Moore, nel confronto con l’Europa, sia per energie economiche impegnate, sia per i benefici offerti ai cittadini malati, il grande Paese d’oltre Atlantico rimane, rispetto all’Unione, parecchio indietro.
Avviene per situazioni che sono il risultato della politica sanitaria dei singoli Paesi (Time cita tra gli altri la Danimarca per la sua anagrafe sanitaria computerizzata e la Francia per le iniziative che favoriscono l’aumento della natalità). E avviene però anche per la ricchezza delle iniziative delle istituzioni europee con cui, tra l’altro, come abbiamo visto dagli esempi prima citati, si opera per creare condizioni in cui la salute del cittadino e, più in generale, il suo benessere fisico siano difesi a priori, prima che le malattie si diffondano e colpiscano.
Per questo si lavora per rendere le acque balneabili sempre più pulite, per bandire i prodotti pericolosi, per tenere il più possibile lontani dalla tavola gli alimenti nocivi per la salute. E tanto altro, su questo piano, si fa e si progetta. Come conferma il seguente gruppo di casi che estraiamo dal lungo elenco delle prodezze dell’Europa utile e velocemente riferiamo.

Nel porto di Aberdeen, in Scozia. - Dario Carrozzini

Nel porto di Aberdeen, in Scozia. - Dario Carrozzini

Il 25 per cento dei lavoratori dell’Unione europea soffre di mal di schiena e il 23 per cento di disturbi muscolari di vario genere. Si tratta di disturbi che sono la causa principale di assenze dal lavoro, rappresentano il 40% delle somme spese per rimborsare i lavoratori per i mancati introiti nei periodi di malattia e le cure e incidono con una diminuzione dell’1,6 per cento sul PIL dei 27 Paesi comunitari. È un problema grave e anche vecchio, ma non insolubile.
Ricerche degli organismi comunitari hanno messo in chiaro che esso dipende da posture sbagliate, ritmi di lavoro stressanti, uso troppo frequente di computer e altre macchine. Con un programma intitolato “Alleggerisci il peso!” l’Unione europea sta ora mettendo in moto un rapporto di collaborazione tra propri esperti, rappresentanti dell’imprenditoria e dei sindacati dei lavoratori attraverso il quale si conta di poter presto annunciare sensibili miglioramenti.
E sensibili miglioramenti sta già ottenendo l’iniziativa europea per fermare, attraverso la riduzione delle emissioni ad effetto serra, il surriscaldamento del pianeta, già ora causa di tanti disastri e di perdite umane ed economiche. Il commissario europeo per l’Ambiente, Stavros Dimas, ha di recente annunciato che nel 2007 le emissioni di gas ad effetto serra sono diminuite dell’1,2 per cento rispetto al 2006 e che rispetto al 1990, anno d’inizio dell’offensiva mondiale contro le emissioni tossiche decisa con il protocollo di Kyoto, la riduzione è stata del 9,3%.

Da sempre, si può dire, l’Europa comunitaria è impegnata con grandi campagne, contributi alla ricerca, partecipazioni a iniziative internazionali contro le più diffuse malattie e altri problemi di salute e, anche, contro le più gravi piaghe sociali. E ora si cominciano a registrare i primi sensibili risultati positivi. Così avviene per l’alcolismo, che nella sola Europa comunitaria è causa di 200.000 decessi all’anno e di un quarto degli incidenti stradali, e anche per l’Aids, i tumori, il rischio di epidemie, l’obesità.
Oggi l’obesità, nell’Unione, affligge 22 milioni di bambini. Da parte delle istituzioni comunitarie si lavora per ridurre le dimensioni del preoccupante fenomeno, tra l’altro favorendo forme di alimentazione che diminuiscono il rischio d’ingrassare. A questo fine nelle scuole materne e in quelle primarie, per iniziativa delle istituzioni europee, ora si offre una tazza di latte al giorno a tutti gli alunni ed è in progetto una distribuzione quotidiana di frutta.

Tutto questo è solo un riassunto di quanto l’Europa ha dato ai suoi cittadini soltanto negli ultimi mesi.
Non sarebbe stato male se – eventualmente con l’aggiunta di un rapido accenno ad altre, precedenti prodezze dell’Europa utile – fosse stato raccolto in un opuscolo destinato agli elettori del 4-7 giugno e anche pubblicato con un certo risalto dai giornali e segnalato dalla radio e dalla televisione. Non è accaduto.
È accaduto, invece, che durante la campagna elettorale per il Parlamento europeo la gran parte dei candidati non solo non ha parlato dei vantaggi che l’Europa ha offerto e offre al suo popolo di poco meno di cinquecento milioni di persone, ma è arrivata a ignorare, o a minimizzare, ogni riferimento a temi europei, occupandosi al 99% dei fatti di casa sua se non addirittura dei fatti propri, personali.
Dunque la disinformazione c’è stata ed è stata enorme, pressoché totale. Ma è avvenuta ai danni di un pubblico che ha ogni giorno sotto gli occhi, con le etichette dei prodotti alimentari e di altro genere, la tessera sanitaria, le banconote nel suo portafoglio, le bandiere poste all’esterno delle scuole e degli enti pubblici, tanto altro la prova continuamente ribadita della realtà dell’Europa e della sua presenza e influenza nella vita di ognuno: e quindi è in grado di darsi quanto basta d’informazione, anche se le voci dell’informazione non fanno, o fanno male, il proprio dovere.
Dunque, rispondendo alla domanda che ha aperto questo articolo, bisogna riconoscere che, a nostro giudizio, non una ma tutte e due le cause – ingratitudine popolare e disinformazione – motivano la caduta di fiducia nei riguardi dell’Europa da parte dei cittadini. Sembra incredibile: è in apparenza come mettere d’accordo il diavolo e l’acqua santa. Ma questa volta, e purtroppo altre volte, è accaduto. Speriamo che non accada più.

Qualità globale delle acque di balneazione- Anno 2008 (UE 27 membri)
  Siti
campionati
Conformità
agli standard
minimi
Conformità
agli standard
obbligatori
Non conformità Siti interdetti
alla balneazione
    N. %  N.  %  N.  %

 N. 

%
Acque balneabili costiere

Belgio
Bulgaria
Cipro
Danimarca
Estonia
Finlandia
Francia
Geramnia
Grecia
Irlanda
Italia
Lettonia
Lituania
Malta
Paesi Bassi
Polonia
Portogallo
Regno Unito
Romania
Slovenia
Spagna
Svezia
Unione europea

40
89
111
1149
28
86
1968
373
2088
122
4917
46
15
87
86
89
436
596
49
19
1899
258
14.551

6
70
109
916
12
66
1913
282
2039
98
4496
39
15
82
76
51
390
412
1
18
1584
215
12890

15
78,7
98,2
79,7
42,9
76,7
97,2
75,6
97,7
80,3
91,4
84,8
100
94,3
88,4
57,3
89,4
69,1
2
94,7
83,4
83,3
88,6

40
83
111
1108
28
85
1913
368
2078
116
4563
44
15
86
86
81
430
569
48
18
1887
252
14009

100
93,3
100
96,4
100
98,8
97,2
98,7
99,5
95,1
92,8
95,7
100
98,9
100
91
98,6
95,5
98
94,7
99,4
97,7
96,3

0
6
0
41
0
1
53
5
2
6
42
2
0
1
0
8
5
24
1
1
4
6
208

0
6,7
0
3,6
0
1,2
2,7
1,3
0,1
4,9
0,9
4,3
0
1,1
0
9
1,1
4
2
5,3
0,2
2,3
1,4

0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
302
0
0
0
0
0
1
0
0
0
4
0
307

0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
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0,0
0,0
6,1
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0,0
0,0
0,0
0,0
0,2
0,0
0,0
0,0
0,2
0,0
2,0

 

Acque balneabili interne (freshwater)
Austria
Belgio
Bulgaria
Cechia
Danimarca
Estonia
Finlandia
Francia
Germania
Grecia
Irlanda
Italia
Lettonia
Lituania
Lussemburgo
Paesi Bassi
Polonia
Portogallo
Regno Unito
Slovacchia
Slovenia
Spagna
Svezia
Ungheria
Unione europea
268
76
4
188
109
28
261
1344
1890
6
9
767
230
84
20
556
231
97
12
38
18
186
212
256
6890
192
27
2
97
88
21
232
1278
1547
6
4
390
152
52
10
396
103
41
3
20
8
68
187
131
5055
71,6
35,5
50
51,6
80,7
75
88,9
95,1
81,9
100
44,4
50,8
66,1
61,9
50
71,2
44,6
42,3
25
52,6
44,4
36,6
88,2
51,2
73,4
261
63
4
163
103
28
261
1278
1857
6
6
505
215
84
20
548
181
90
11
35
13
174
210
220
6336
97,4
82,9
100
86,7
94,5
100
100
95,1
98,3
100
66,7
65,8
93,5
100
100
98,6
78,4
92,8
91,7
92,1
72,2
93,5
99,1
85,9
92
7
12
0
8
3
0
0
65
20
0
3
5
9
0
0
6
38
2
1
0
5
3
2
7
196
2,6
15,8
0
4,3
2,8
0
0
4,8
1,1
0
33,3
0,7
3,9
0
0
1,1
16,5
2,1
8,3
0
27,8
1,6
0,9
2,7
2,8
0
1
0
15
0
0
0
0
13
0
0
251
6
0
0
0
8
5
0
3
0
6
0
7
315
0,0
1,3
0,0
8,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,7
0,0
0,0
2,7
2,6
0,0
0,0
0,0
3,5
5,2
0,0
7,9
0,0
3,2
0,0
2,7
4,6

Fonte: Nostra rielaborazione su dati dell’Agenzia europea per l’Ambiente.

   
   
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