Dicembre 2009

la situazione italiana

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Se il Pil mente

Mabel

 

 
 

Declino italico?
Dobbiamo
superare
il complesso di
inferiorità che
ci affligge circa
il nostro minore dinamismo
economico
rispetto agli altri Paesi e che ha
finito col radicarsi nel sentimento
comune.

 

 

 

 

 

 

 

È giunto il momento di avviare una seria ricostruzione storica su quanto è accaduto nell’economia mondiale negli ultimi dodici-quindici anni. Non soltanto per capire le cause profonde che hanno portato alla crisi attuale, ma anche perché noi italiani abbiamo un interesse ulteriore a fare luce sulle dinamiche recenti della crescita planetaria.
E cioè quello di superare definitivamente il complesso d’inferiorità che ci affligge circa il nostro minore dinamismo economico rispetto agli altri Paesi: la ben nota tesi del “declino italico”, che molti di noi non hanno mai condiviso, ma che è stata alimentata anche con il contributo di autorevoli studiosi e opinionisti, e che purtroppo ha finito col radicarsi nel sentimento comune.
A questo complesso d’inferiorità, da cui speriamo di poterci finalmente liberare una volta per tutte, si sta affiancando ora un’altra tesi non meno infondata, e cioè che l’Italia starebbe soffrendo più degli altri Paesi a causa dell’attuale crisi, e che rischierebbe di non agganciare la ripresa, come invece starebbero facendo altre nazioni, tra le quali la Francia e la Germania.
Per quanto riguarda il primo punto, va subito osservato che dal dopoguerra fino al 1995 non vi è stata alcuna traccia di un presunto declino italiano. Semmai, il nostro Prodotto interno lordo cresceva più di quello di ogni altro Paese continentale. È soltanto dopo questa data che il tasso di crescita italiano, così come anche quello tedesco e in minor misura quello francese, comincia ad apparire nelle statistiche più rallentato rispetto a quello dei Paesi anglosassoni e della Spagna, (ma quest’ultima aveva un’economia abbastanza lontana dai livelli di sviluppo raggiunti dall’Italia).
Ma il maggiore sviluppo degli Stati Uniti e dei Paesi “periferici” occidentali dell’Unione europea (tra i quali includeremo ai fini dell’analisi anche l’Irlanda e l’Olanda) dal 1995 in avanti è stato principalmente determinato dalla crescita esponenziale dei debiti privati, associata alla bolla immobiliare e finanziaria, i cui rischi sono stati colpevolmente trascurati dagli osservatori fino al momento in cui non è accaduto l’irreparabile.
Per contro, i Paesi “centrali” dell’Unione (cioè l’Italia, la Germania, la Francia e l’Austria) registravano una crescita meno forte del Prodotto interno lordo, ma più equilibrata, potendo contare su famiglie più parsimoniose nei consumi, e su banche prudenti, ed essendo Paesi particolarmente impegnati nel tenere sotto controllo il debito pubblico, allora considerato il nemico numero uno. Mentre oggi tutti hanno capito che i debiti delle famiglie, per i loro sconvolgenti effetti a cascata sull’economia e sulla stabilità delle banche, possono essere persino più pericolosi del debito pubblico.

Massimo Fioretti

Massimo Fioretti

Se consideriamo la dinamica 1995-2007, notiamo che il Prodotto interno lordo complessivo dell’Italia, della Germania, dell’Austria e della Francia (Paesi del gruppo 1) è cresciuto in questo periodo del 23 per cento, esattamente la metà di quanto è aumentato (47 per cento) il Prodotto interno lordo aggregato della Gran Bretagna, dell’Irlanda, dell’Olanda e della Spagna (Paesi del gruppo 2). Ma in questo secondo gruppo l’indebitamento delle famiglie nello stesso periodo è cresciuto a valori correnti di ben 2.692 miliardi di euro (+280 per cento). In Italia, partendo da livelli molto bassi e negli altri tre Paesi del gruppo 1, i debiti delle famiglie sono invece aumentati solo di 1.289 miliardi di euro (+70 per cento), vale a dire soltanto di un quarto rispetto ai Paesi del gruppo 2. Il solo indebitamento delle famiglie della Gran Bretagna è aumentato in valore assoluto nel periodo 1995-2007 più di quello complessivo delle famiglie di tutti i Paesi del gruppo 1 considerati insieme. Dunque, non c’era un declino dell’Italia, pur essendo noi pienamente consapevoli dei problemi strutturali che affliggono la nostra economia: dal debito pubblico al sommerso, fino al divario Nord-Sud. Ma, semplicemente, pur considerando tutti questi nostri limiti, era avvenuto che altre economie si erano “dopate”.

Ora però, dopo lo scoppio della crisi globale, la ricreazione è finita. E nei Paesi del gruppo 2 sono andati a picco i consumi privati, così come gli investimenti in costruzioni e l’occupazione, cioè tutti gli indicatori interni più veritieri e sensibili del Prodotto interno lordo, che nel caso dei Paesi esportatori come l’Italia e la Germania è influenzato in modo abnorme dal collasso del commercio internazionale.
La riprova viene dai dati di contabilità nazionale. Se guardiamo alla dinamica dei consumi delle famiglie a metà di quest’anno, notiamo che nei Paesi del gruppo 2 questi sono diminuiti notevolmente rispetto al primo periodo dello stesso anno: -1,6 per cento in Spagna, -0,7 per cento in Gran Bretagna, -0,6 per cento in Olanda. Per contro, i consumi privati sono cresciuti a metà 2009 dello 0,3 per cento in Italia e in Francia, e dello 0,7 per cento in Germania. Anche un indicatore reale come le immatricolazioni di autovetture rivela una dinamica dei consumi più robusta nei Paesi del gruppo 1 rispetto a quelli del gruppo 2, dove le finanze delle famiglie sono più dissestate: nel periodo gennaio-agosto 2009 le immatricolazioni sono cresciute del 27 per cento in Germania (dove gli incentivi sono stati molto forti) e dell’1,1 per cento in Francia, mentre in Italia sono diminuite solo del 7,4 per cento. Per contro, si registrano crolli del 22 per cento nel Regno Unito, del 26 per cento in Olanda, del 32 per cento in Spagna e del 64 per cento in Irlanda.
Per quando riguarda l’occupazione, le cifre dei Paesi del gruppo 2 sono da brivido, (in soli sei mesi in Gran Bretagna sono stati perduti 428mila posti di lavoro, e in Spagna addirittura 750mila), mentre quelle dei Paesi del gruppo 1 sono evidentemente più contenute. Non meraviglia, dunque, che il superindice anticipatore dell’Ocse abbia previsto un’uscita dalla crisi più rapida per Italia, Francia e Germania. Né meraviglia che da qualche tempo a questa parte si ritenga il Pil un metro di misura incompleto, approssimato per difetto (per molti difetti), per calcolare la ricchezza reale di un Paese.

Indebitamento delle famiglie 1995-2007

Paese 1995 2007

Var. assoluta

Germania 1.180,9 1.537,6 356,7
Italia 160,0 525,7

365,7

Francia 430,5 929,0

498,5

Spagna 146,8 878,2 731,4
Gran Bretagna 568,4 1.909,7

1.341,3

 

   
   
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