Marzo 2010

INSTABILITÀ ECONOMICA

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I rischi occulti

Michael Spence

Premio Nobel per l'Economia
 
 

 

 

 

Non è chiaro se abbiamo imparato qualcosa dal Decennio Zero che abbiamo appena doppiato. I primi anni del terzo Millennio si erano aperti negli Stati Uniti, ancora economia trainante del mondo, con un surplus di bilancio e con l'esplosione della bolla tecnologica, e si sono chiusi con un deficit gigantesco e con l'esplosione della bolla dei subprime.
Si è trattato di crisi diverse. La prima, quella dei tecnologici, era una pura forma di esuberanza irrazionale. Quella che abbiamo vissuto negli ultimi due anni, invece, è stata una crisi ben più drammatica, causata dal fatto che nel sistema avevano messo radici dei rischi di cui non eravamo consapevoli e che non erano sottoposti ad alcun controllo. Per lo meno, sembra che siamo d'accordo sulla necessità di chiedere che le grandi banche detengano più alti margini di capitale e di riserva obbligatoria.
Per quel che riguarda il prossimo decennio, la prospettiva sembra essere questa: immaginate un paziente che è stato molto malato: non si rimette in piedi nel breve spazio di un mattino. Cioè: anche le economie mondiali hanno bisogno di tempo. Io vedo un periodo un po' instabile. Sarà come guidare una vettura su una strada non asfaltata. Ma le cose miglioreranno se ci sarà un cambiamento a livello planetario, se ci sarà una presa di coscienza, e cioè se si prenderà atto che è necessario che ci sia un maggior livello di consumo in tutti i Paesi, e non soltanto negli Stati Uniti. Anzi, è bene che per ora proprio gli americani si sforzino di fare un poco di economia.
Non mi sto augurando un ritorno al consumismo che avevamo noi in America, perché in questo caso finiremmo che creare un'altra bolla micidiale. Ma è bene ricordare che senza domanda non c'è crescita. Ci vuole un riequilibrio mondiale, c'è l'esigenza di una maggiore armonizzazione della richiesta e del consumo, in modo che il consumo salga anche in quei Paesi che fino a questo momento si son o fidati della richiesta negli Stati Uniti. Ci vorrebbe che la Cina consumasse di più. Certamente, prima che ciò possa accadere, il governo cinese dovrebbe garantire maggior benessere ai suoi cittadini.
Se constatiamo che l'America ha iniziato il decennio con un surplus di bilancio e lo ha chiuso con un notevole deficit, dobbiamo parallelamente riconoscere che si è trattato di una situazione molto grave, destinata a peggiorare se non si cominciano a porre le basi per mettere riparo a quel deficit. Ci vuole disciplina fiscale. È necessario riportare il deficit al 2 o al massimo al 3 per cento del Prodotto interno lordo.
Va da sé che non si tratta di un'impresa politicamente popolare. Sarà piuttosto difficile, e la gente ne soffrirà. E lo stesso presidente Obama pagherà un prezzo salato per avere ereditato la crisi e per essere stato costretto a prendere decisioni difficili. Potrebbe anche perderci la rielezione del 2012. Ma la squadra del Presidente mi sembra molto disciplinata e organizzata abbastanza bene. Adesso che si sono tolti di torno la riforma sanitaria, possono concentrarsi sugli altri problemi. E sanno benissimo che devono predisporre un piano coerente per mettere sotto controllo il deficit. Altro aspetto non irrilevante della situazione: nell'ultimo decennio si è visto il dollaro indebolirsi, proprio mentre nasceva l'euro.
La gente, dunque, ha ragione di chiedersi dove stiano andando queste due monete. Certo, l'euro è bene amministrato dalla Banca centrale europea, ma fino a quando l'Europa non sarà integrata fiscalmente, non credo che potrà avere un ruolo molto più decisivo di quello che ha allo stato attuale. Il dollaro è più debole, ma l'unico fattore che potrebbe farlo scendere in modo più marcato sarebbe se non si facesse nulla per mettere riparo al deficit. Poiché non è così, sarà ancora moneta dominante e riserva valutaria per gli altri Paesi.

   
   
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